a cura del Team Comunicazione della Presidenza Nazionale
A.A.A. - Aviatori d’Italia
Il 17 ottobre 2022 presso la Casa dell’Aviatore si è svolto il seminario “La necessità di integrazione dei sistemi UAS, C-UAS e satellitari. I nuovi scenari di impiego”, organizzato dal CESMA – Centro Studi Militari Aeronautici dell’Associazione Arma Aeronautica - Aviatori d’Italia. Si è trattato dell’ultimo evento organizzato sotto la gestione del Gen. Isp. Capo (c) Pietro Finocchio, ormai “Direttore Emerito” del Centro Studi, dopo l’avvicendamento alla Direzione CESMA del Gen. S.A. (a) Giovanni Fantuzzi, già Comandante Logistico dell’Aeronautica Militare. «È stato a diretto contatto fino a poco fa con tutte le istituzioni, chi meglio di lui può prendere il mio posto?», ha spiegato il Gen. Finocchio, ringraziando tutti i collaboratori e aggiungendo: «Ho preferito lasciare finché sono nel pieno delle mie facoltà, ma non mi ritiro e non me ne vado, sono a disposizione. Al CESMA ho dedicato tutte le mie migliori energie del dopo-pensione, rimarrò volentieri a supporto del Generale Fantuzzi».
Il Gen. Finocchio ha curato l’introduzione e i saluti istituzionali: insieme ai moderatori, i membri del Comitato Tecnico-Scientifico del CESMA Michele Pavan (Mondo Internazionale APS ETS) e Daniele Del Cavallo (Serco Italia - Serco Group) ha quindi introdotto l’argomento dei Sistemi Aeromobile a Pilotaggio Remoto (UAS – Unmanned Aerial System) e delle capacità C-UAS (Counter-Unmanned Aerial Anti-Drone System) per il contrasto ai droni anche di piccole dimensioni, mediante avvistamento ed eventuale neutralizzazione. Il riuscire a padroneggiare queste tecnologie è un’esigenza attuale delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine e potrà portare risvolti anche a livello civile. È importante quindi una collaborazione che coinvolga attori della difesa, università e industrie. Dai droni alle piattaforme atmosferiche, il tema del convegno ha dimostrato l’importanza tanto dell’implementazione dell’hardware quanto dell’integrazione con altre sensoristiche.
Il Prof. Umberto Iemma, Docente Ordinario di Costruzioni Aeronautiche presso l’Università di Roma Tre ha preso la parola sulla questione “Droni e stato della ricerca”, ricordando la complessità dei nuovi scenari operativi. La nuova mobilità aerea potrà offrire servizi irrinunciabili, con un impatto elevato sulla vita quotidiana delle comunità: dalla consegna di merci al trasporto di sangue, medicinali e organi, oltre alle possibilità per infrastrutture, monitoraggio ambientale, sorveglianza e sicurezza. I grandi attori pubblici e privati hanno grande interesse per questi veri e propri “game changer” e stanno facendo pressione sulle autorità competenti per colmare il gap normativo su queste nuove “macchine volanti”, per le quali sarà necessaria una “patente”. Andrà tenuto in considerazione, come è stato per le antenne da cellulari, l’eventuale impatto urbanistico e ambientale, per quanto riguarda ad esempio il rumore prodotto dai droni in città, così come andranno fatti investimenti immobiliari e una pianificazione urbanistica per realizzare i cosiddetti “vertiporti” dove i droni potranno atterrare e da dove potranno decollare. È inoltre in fase di sviluppo il concetto di U-Space, una serie di servizi che garantisca una sicura integrazione del traffico aereo tradizionale con quello “nuovo” degli UAS, suddividendo lo spazio aereo in più zone. Che siano multicotteri con rotori ad asse verticale, ad ala fissa o ibridi, ormai costruire un drone è letteralmente un gioco da ragazzi, bastano poche decine di euro e il seguire alcune istruzioni su internet. Questa facilità nel realizzare droni “non convenzionali” è sicuramente un potenziale rischio. Man mano che aumentano massa, peso e dimensioni del drone si può passare da una categoria “open” - che prevede solo accorgimenti come l’evitare il volo sopra le persone al di fuori dell’operatore - a categorie più specifiche, per le quali servono certificazioni e permessi particolari, definendo il mondo operativo, lo spazio dove il drone potrà operare, l’area di contingenza all’interno della quale potrà spostarsi anche in presenza di criticità e così via. Anche per quanto riguarda gli sciami di droni, le macchine dovranno essere interconnesse con paradigmi chiari, con la necessaria presenza di una macchina leader e di altri gestori di sottogruppi. Il professor Iemma ritiene particolarmente necessaria l’introduzione di standard di tipo aeronautico nella progettazione e fabbricazione di questi oggetti, che non possono essere costruiti come dei giocattoli. L’attualità del tema è dimostrata anche dal fatto che nel 2022 tutti i progetti degli studenti universitari per il Master di Ingegneria Aeronautica a Roma Tre riguardavano applicazioni di droni. Il professore ha infine annunciato l’arrivo di un nuovo corso di laurea alla sua Università: Ingegneria delle Tecnologie Aeronautiche e del Trasporto Aereo. Per il Gen. Finocchio bisognerà affrontare il tema dell’etica nell’uso dei droni armati: «Una cosa è rischiare di persona, un’altra è fare la guerra “per telecomando”, uccidere a sangue freddo qualcuno dall’altra parte del mondo, in ufficio, magari dopo aver accompagnato il figlio a scuola». Riflessione che, insieme ad altri dilemmi etici collegati come l’intelligenza artificiale e il riconoscimento facciale, l’ex Direttore CESMA lascia agli utenti del Centro Studi per il futuro.
Concorda sull’importanza dell’uso etico nei droni e nelle piattaforme anti-drone anche il Dott. Adriano Basile, CEO di IFR Supplies e ABIntel Sagl, un Solution-Provider in ambito di difesa e di aviazione. Il Dott. Basile ha apprezzato la numerosa platea all’evento CESMA, a dimostrazione che finalmente c’è sensibilità e attenzione su un argomento ancora per certi versi sopravvalutato. Nel suo intervento su “Uso dei droni e counter drone per attività di polizia”, ha ricordato come i droni commerciali, accessibili a tutti, rappresentino il 92% del mercato: seguono i droni militari, ad uso esclusivo delle Forze Armate e riconducibili ad un velivolo tradizionale, e i droni non convenzionali, che vengono fabbricati ad hoc dall’utente. I droni sono una minaccia multi-dominio, imprevedibile, per la quale non esiste un “silver bullet”, una soluzione semplice e singola. Ci vogliono più soluzioni, possibilmente “chiavi in mano”: consulenza legale, sviluppo e implementazione, supporto logistico integrato, intelligence geopolitico, addestramento certificato EASA per un impiego operativo rapido in base al concetto di “mission-centric”. Lo standard SORA (Specific Operations Risks Assessment) è il metodo utilizzato sistematicamente per valutare il rischio di operazioni specifiche e complesse con i droni soggette ad autorizzazione. Armare un drone commerciale è possibile e semplice, e per contrastarli sono necessari requisiti completi C-UAS che comprendano SIGINT, jamming selettivo, opzionalmente spoofing e accecamento multispettrale, soluzioni interoperabili, controspionaggio, prevenzione di attacchi informatici. È necessaria la protezione di siti sensibili, autorità e diplomatici, eventi pubblici ad alto rischio, facendo atterrare il drone ignoto in un luogo sicuro e inviare celermente artificieri per verificare se è armato. Il dott. Basile ha spiegato che non intende evocare lo stato di polizia né tantomeno demonizzare i droni, semplicemente non si devono sottovalutare possibili incidenti dovuti all’abuso del mezzo: «L’argomento è di oggi, non possiamo aspettare domani».
Il tema “Integrazione tra droni e dati Earth Observation da satelliti – Use case e futuri sviluppi” è stato affrontato dal Dott. Marco Cerri di Serco Italia, filiale italiana del Serco Group, multinazionale che si occupa di fornitura in servizi scientifici e tecnologici a governi e istituzioni pubbliche, con expertise principale in osservazione della Terra, tra i cui clienti figurano ESA, ASI e Commissione Europea. Facendo un confronto tra i dati dall’osservazione della terra e quelli dai droni, è facilissimo trovare tramite una ricerca su Google foto satellitari o fornitori e dati da satelliti da comprare, mentre chi vuole acquistare immagini da drone di una città farà certamente più fatica a reperirle. Non esiste ancora, infatti un database di dati da drone strutturati come nel mondo satellitare. È di primaria importanza integrare droni e satelliti, combinando i benefici di entrambi i mondi. L’acquisizione di immagini da droni copre aree specifiche più limitate, non vaste e immense come per i satelliti, ma con più alta risoluzione, e gli operatori UAV sono più flessibili ed eterogenei, mentre i satelliti seguono orbite predeterminate. Infine, i satelliti hanno un tempo di trasferimento dati maggiore (circa 30-45 minuti dopo l’acquisizione), mentre i droni consentono di mostrare “in presa diretta” sullo schermo dell’utente ciò che vede la macchina volante. Da qui la necessità di creare un catalogo strutturato e coerente, confrontando e sovrapponendo le località acquisite dalle foto dei droni e dalle immagini satellitari, nonché di adottare algoritmi A.I. di Data Fusion e analisi di Big Data, per creare sinergie, estendendo l’integrazione anche ad altri dati, come a quelli delle telecamere di sorveglianza e dell’“Internet of Things”. L’enorme domanda computazionale richiederà un’infrastruttura adeguata, bisognerà lavorare in maniera scalabile con questi tipi di dati, mediante piattaforme cloud che abbiano potenza di computazione e storage virtualmente infiniti. Importante anche concentrarsi sugli aspetti di Cyber Security. Il dottor Cerri ha presentato quindi “ONDA”, piattaforma cloud sviluppata da Serco, dove si trovano sia le macchine virtuali per generare analisi che i dati satellitari necessari a tale tipo di analisi: è stata attualmente utilizzata in un servizio di monitoraggio dell’agricoltura e nel progetto Callisto di ricerca e sviluppo per la Commissione Europea, che fonde dati diversi tra loro e di varia provenienza. Satelliti e droni, ha spiegato Marco Cerri, non solo “possono” ma “devono” essere integrati, poiché si completano tra loro.
Quasi in risposta a questa richiesta di integrazione drone-satelliti giunge l’intervento del Col. Pil. Antonino Massara, della Direzione del Programma FCAS-TEMPEST di Segredifesa, sul tema “Il caccia di sesta generazione: un sistema di sistemi. Aspetti industriali, tecnologici e trasformativi”. Il Colonnello ha illustrato la visione italiana per il programma di caccia di 6a generazione Tempest: una cooperazione innovativa per sviluppare una capacità Combat Air all’avanguardia in modo tempestivo e sostenibile, favorendo nel contempo lo sviluppo tecnologico, la trasformazione dell’industria italiana e la prosperità nazionale complessiva. Il Tempest è una necessità, un’opportunità e una sfida per il sistema paese, non solo per l’Aeronautica Militare, per il Col. Massara: «I nuovi scenari operativi richiederanno nuove capacità, che oggi non abbiamo e dovremo sviluppare. E non basteranno quelle dell’Eurofighter, che resterà comunque rilevante negli scenari futuri, ma nel post 2040 non sarà più aggiornabile. In Europa nessuno ha sviluppato un velivolo di 5a generazione, esiste un gap capacitivo di tecnologia che l’industria europea deve colmare, questo è l’ultimo treno che passa prima di perdere la capacità di sviluppare Combat Air in Europa. Se perdiamo il treno, il prossimo avrà un distacco impossibile da recuperare, l’ultima occasione è il Tempest e, parallelamente, gli altri programmi di sesta generazione, ad esempio nel contesto franco tedesco». Il Tempest nel periodo 2035-2040 potrebbe offrire grande slancio all’export, allorché andranno sostituiti tutti i velivoli di 4a generazione venduti negli anni ’90-’00, come gli F-15, F-16, F18, F-2000 e Rafale. Il caccia di ultima generazione fungerà inoltre da stimolo e catalizzatore per la ricerca tecnologica: da sempre, inoltre, c’è un fenomeno di “Spill-Over” degli investimenti in campo Difesa sull’innovazione spinta e la tecnologia all’avanguardia anche in ambito civile. Il Tempest sarà un moltiplicatore di investimenti e posti di lavoro, con opportunità di crescita economica, nonché un mezzo per intrattenere relazioni internazionali e consolidare il posizionamento del nostro Paese. La sfida è quella di colmare il gap della quinta generazione europeo, investendo in Intelligenza Artificiale, Data Analysis, Machine Learning e molto altro: le industrie che se ne occuperanno dovranno diventare di fatto delle “Software House”, poiché gran parte del lavoro necessario per questi sistemi riguarderà la programmazione software. Si prevede di raggiungere il pieno sviluppo del Tempest nel 2025, con primo test di volo nel 2031, prime consegne “In Service Date” (ISD) nel 2035 e nel 2040 l’“Initial Operational Capability” (IOC). Questo caccia non va inteso più come un singolo elemento, ma come un sistema di sistemi, il Future Combat System, un mosaico di piattaforme connesse, sia pilotate che non pilotate, le quali interagiscono con i sensori, l’armamento e la capacità di analisi di cui sono dotati: un lavoro in sinergia tra drone, componente spaziale (satelliti), cloud e il centro di CyberSecurity. I cinque elementi del System of Systems sono la Core Platform (la piattaforma velivolo principale), coadiuvata da Adjunct (droni) ed Effectors (Armamenti), il tutto coordinato da un Combat Cloud per mezzo di un New Generation Data Link per grandi masse di dati. I quattro pilastri sono Survivability, Lethality, Networking&Interoperability, Supportability&Sustainability: una macchina resistente, furtiva e “stealth” con “Low Observability”, capace di scambiare dati senza essere intercettata, con upgrade, aggiornamenti e integrazione di nuove capacità, scorporando la parte “Core” del sistema (più difficile da aggiornare, perché legata proprio alla sicurezza del sistema d’arma e del velivolo) da una parte più facile e agile da modificare senza intaccare la parte “flight safety critical”. Droni Adjunct e armamenti Effectors sono meno pregiati e costosi, meno “survivable” e “capable” rispetto al velivolo principale, ossia più sacrificabili: possono in tal caso fare esporre il nemico. Si prefigura una famiglia di droni variegata: il vantaggio sarà quello di poter utilizzare solo le capacità di cui si ha effettivamente bisogno, preservando quelle più pregiate se non è necessario sprecarle. Uno stesso drone potrà essere configurato in più modi a seconda della missione che dovrà fare e del payload che potrà utilizzare, con grande risparmio. Un video presentato dal Col. Massara ha quindi introdotto i futuri concetti chiave del caccia di sesta generazione: una guerra a mosaico con un “Digital Twin”, gemello digitale dell’aeroplano, un nuovo modo di progettare, una trasformazione digitale dell’industria nazionale, lo Strategic Digital Framework con la collaborazione di alcune delle principali industrie italiane, come Leonardo, Avio, MBDA ed Elettronica.
Il Ten. Col. Roberto Bove dell’Ufficio Generale per lo Spazio dell’AM si è detto interessato al tema, intimamente connesso con i programmi delle Piattaforme Stratosteriche, ove è emerso il problema di integrare le eterogenee informazioni proveniente da sistemi diversi affinché siano intellegibili, sicure, adattabili alle esigenze degli utenti, interoperabili ed efficaci, diventando messaggi brevi e chiari. Un sistema di monitoraggio avanzato basato su metodologie e tecnologie integrate potrebbe garantire la superiorità nelle operazioni aeree, marittime e terrestri. Il ruolo dei satelliti, anche alla luce della guerra in Ucraina, si è rivelato un nodo cruciale sia in fase difensiva che offensiva, e l’integrazione di quei dati con sistemi e informazioni provenienti dai droni permetterà di ottenere un moltiplicatore di forze, anche nell’ambiente aerospaziale, dominio verso il quale l’Arma Azzurra è naturalmente proiettato. Rimandando ad un futuro incontro sul sistema Tempest con l’intera industria nazionale e con la presenza delle autorità politiche, dato che in gioco c’è non solo il futuro delle Forze Armate ma anche dell’industria nazionale, con i migliori auguri ai suoi successori alla guida del CESMA, il Gen. Finocchio ha infine ricordato i rischi e le difficoltà nel realizzare lo stabilimento FACO JSF a Cameri: prevede che il sistema Tempest incorrerà quasi sicuramente negli stessi tipi di rischi ma auspica che, come per il FACO, quella visione infine si realizzi.
Direttore del CESMA dal 2017 al 2022, il Generale Ispettore Capo del Genio Aeronautico (c) Pietro Finocchio, nato a Napoli il 31 marzo 1945 e cadetto del Corso Borea III dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, ha ottenuto la laurea in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Napoli con il massimo dei voti, prestando poi servizio presso, COSTARMAEREO, l’Ufficio di Addetto Aeronautico e della Difesa presso l’Ambasciata Italiana a Washington, TELECOMDIFE e il Reparto Sperimentale di Volo (RSV) di Pratica di Mare dove ottenne il diploma di sperimentatori di sistemi in volo nel 1977. Ha il brevetto di pilota civile e di paracadutista amatoriale ed è stato Ispettore del Paese ospitante per il programma integrato della NATO per la Difesa Aerea (Nadge), Direttore Tecnico del RSV, Direttore del Primo Reparto Manutenzione velivoli Tornado, Capo delegazione italiana per la logistica dei velivoli EFA e AMX presso la SMA quarto Reparto, Co-Presidente del Comitato di gestione e membro del Policy Group del programma Anglo-Italiano EH101 dal 1990 al 1996. Dal 1992 Capo della delegazione italiana al Comitato Esecutivo congiunto e membro del comitato direttivo del programma NH90, dal 1996 Direttore dell’Ufficio Coordinamento Tecnico della Direzione Generale Teledife, dal 1999 Capo del Reparto Ricerca Tecnologica di Segredifesa, Presidente del Panel II (R & T) del WEAG e membro del Comitato R & T della Nato dal giugno 1997 al giugno 2001, Direttore Generale di NAHEMA (NATO Helicopter Management Agency) dal 1 ° agosto 2001 al 31 luglio 2004, Direttore Generale di TELEDIFE dal settembre 2004 al marzo 2010, dal 2005 Presidente di AFCEA (Armed Forces Communications and Electronics Association) capitolo di ROMA e dal 2010 Vice Presidente dell’Istituto Italiano di Navigazione. Ha lasciato il servizio attivo il 31 marzo 2010. Parla correntemente inglese, francese e portoghese.
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